Istituto Rudy Lanza - Alta formazione in Naturopatia

Istituto Rudy Lanza - Catalogo bibliografico delle tesi

Gli abstracts delle tesi in Naturopatia elaborate presso l'Istituto Rudy Lanza

"Su curadore e sa medichina antica". Viaggio attraverso la medicina olistica

Autore/autrice
Piras Gian Carlo
Anno
2010
Numero
1255

Abstract

Parlare delle “erbe officinali" è un po' raccontare la storia del mondo, infatti con il passare dei secoli l'evoluzione della scienza e della medicina non hanno intaccato l’importanza di erbe e piante come ausilio al benessere dell’individuo. Sin dall’antichità esse hanno avuto, in stretta connotazione con il mondo del sacro e del magico, un’importanza fondamentale nella vita sociale e culturale delle differenti civiltà ed epoche storiche. Sin dai tempi più remoti l'uomo ha imparato a conoscere le proprietà delle piante e ad apprezzarne le virtù salutari.

Le più antiche notizie sull'uso di piante medicinali sono quelle relative all’erbario “ Pen Tsao", cinese del 2000 a. C., che contiene la descrizione di 370 erbe medicamentose. Le piante in natura sono numerosissime e non tutte hanno proprietà medicinali, il loro riconoscimento e l'applicazione nella fitoterapia e un'arte difficile perché risultato di un'esperienza e di ricerca alquanto lunga ed attenta. Non tutte le parti della pianta possiedono le stesse proprietà; le erbe vanno inoltre raccolte, essiccate, selezionate e conservate secondo tecniche fisse che garantiscono la conservazione dei principi attivi.Occorre infine distinguere le piante utili da quelle dannose, conoscere la dose oltre la quale l'erba può diventare pericolosa e sapere le modalità d'impiego. Le piante contengono più principi biologicamente attivi di quelli che i chimici di tutto il mondo potrebbero sintetizzare, un'esperienza di millenni sperimentata da centinaia di milioni d'uomini. Attraverso un breve viaggio nel tempo infatti, ho voluto sottolinearne l’uso e la pratica in generale, soffermando poi l’attenzione verso la medicina popolare e tradizionale della Sardegna. Anche se essa ha rappresentato un'ardua impresa, poichè sono veramente rare le testimonianze, soprattutto scritte, sulla storia, la preparazione e l'uso di unguenti medicamentosi e di tutte le altre applicazioni che fanno parte di essa. Da sempre il sardo, come l'intero genere umano, si è accostato al mondo vegetale utilizzando le piante per cibarsene, curarsi, abbellirsi e compiere pratiche religiose o addirittura magiche a partire dal periodo Pre - Nuragico.

Nella mia terra in modo particolare, probabilmente per le sue antichissime tradizione sopravvissute sino ai giorni nostri, si evince la mentalità che si manifestava nelle civiltà arcaiche, quella del sacro. La medicina veniva considerata come una magia, in cui il simbolismo occupava quotidianamente un posto importante.

E' in queste pratiche tradizionali che trova fondamento la "Psicosomatica": i "medici", (che in realtà erano i saggi della comunità), curavano contemporaneamente la psiche e il corpo. Essa analizzava l'uomo nella sua globalità, mettendo in evidenza l'equilibrio fra cosmo e genere umano.Ovviamente non avendo conoscenze scientifiche vedeva in essa, una forza misteriosa capace di favorire la vita, guarire i mali, ma anche di provocare sofferenza e morte. La natura era dunque ai suoi occhi, un’entità superiore da rispettare e venerare poiché ad essa era legato intrinsecamente lo stesso ciclo vitale. In tale visione le piante, si permeavano di una connotazione magico-sacrale, che univano in maniera inscindibile l’uomo alla terra e la terra al cielo attraverso un circolo vitale in continuo e reciproco scambio. Nella profondità di tale concezione l’uomo partecipava e si fondeva con lo stesso senso del divino che permea tutto il creato divenendone al contempo specchio e parte integrante. Impara a servirsi di essa rispettandone i modi ed i tempi, contemplandone e venerandone i misteriosi principi vitali ed apprende a scandire le fasi della sua stessa esistenza in perfetta armonia. È in tale ambito che si inserisce l’anthropos platonico: “una pianta celeste e non terrena”, con le radici immerse nel suolo da cui assume le sostanze che utilizza per il sostentamento materiale, ma con i rami protesi verso il cielo per assorbirne l’energia divina. Una visione olistica dunque, che si è persa nel lento scorrere dei secoli, in cui l’essere umano inserito nel vortice del progresso meccanicistico ha dimenticato lo stretto legame delle origini in cui uomo e universo si riflettevano a vicenda ed entrambi si plasmavano nell’infinito.

Inserito in un mondo dove l’aspetto materiale ha preso il posto delle doti percettive, dove ci si avvale più del come che non del perché degli avvenimenti trascurando l’aspetto causalistico, l’uomo ha smarrito la capacità di vedere l’invisibile insito in ogni ente.

La dicotomia tra creatura e creato, slegato da una visione unitaria dell’essere umano ha fatto sì che anche nell’ ambito della cura delle patologie e del dolore in generale, l’attenzione si sia proiettata più verso la pura sintomatologia piuttosto che nella ricerca e lo studio delle radici del male stesso.

Fonti

Bibliografia:

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